Oppenheimer

Oppenheimer di Christopher Nolan

Disclaimer: tutte le immagini usate, come il trailer appartengono alla Universal Pictures

La figura storica passa imprescindibilmente dagli occhi liquidi e magnetici di un maestoso Cillian Murphy che ha incarnato la figura dello scienziato e dell’uomo con tutte le sue fragilità, l’ego, l’insaziabile curiosità, l’amore per la scienza davanti a tutto ma anche le crisi di coscienza e la disarmante ingenuità.

Robert Downey junior si conferma un attore pazzesco, il suo faccendiere, politicamente spregevole, è l’esempio dell’uomo di potere, senza scrupoli e con un animo vendicativo, la quintessenza della piccineria.

Matt Damon è un generale rigido ma consapevole della grandezza degli uomini che si ritrova a gestire, perfetto nel ruolo e mai sopra le righe. Florence Pugh è magnetica, la vera vocina della coscienza di Oppenheimer.

Lei gli rivela il suo destino e ciò che sarà il suo tormento: sono diventato Morte, distruttore di mondi.

Favolosa anche Emily Blunt, moglie complessata, bisognosa della rivalsa e del successo di suo marito, come specchio della sua stessa utilità.

Non c’è un solo dettaglio che non funzioni in questa pellicola, un solo attore fuori posto.

Perfetto anche Rami Malek che, solitamente, non amo moltissimo, fautore dell’ unico atto di giustizia della pellicola.

Una struggente analisi di una vita, ma anche di un mondo che non impara, che non riesce ad uscire dallo schema violento della supremazia.

Oppenheimer ricorda un po’ lo Steve Jobs, che suonava l’orchestra, ma con la particolarità di non aver affatto salvato o migliorato il mondo con il suo genio.

Nolan ha costruito un film sul passato che ci rende ancora più consapevoli e intimoriti per il futuro.

Sono uscita sconvolta, triste, piena di domande su cosa, o su come, una persona qualunque può invertire la tendenza autodistruttiva.

Cosa può fare ognuno di noi per salvarsi dal baratro, per cambiarlo davvero questo mondo di sabbia.

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